Sanremo cover, togliamoci la voglia di duetti (terza puntata)
Giro di boa fatto. Meno due alla libertà, quel giorno in cui apriranno le gabbie e torneremo nel mondo reale ad ignorare Ermal Meta e Gabbani (Che poi chi cazzo sono si è capito?) e a fregarcene di come siano finiti questi tizi nella casta che fu di Dalla e di Modugno, mentre noi stiamo ancora a commentare il festival in pigiama sul divano. Stranezze della vita, che poi è quell’intervallo che intercorre tra un Sanremo ed un altro. Un buco temporale che ti scaraventa dal ventre di Ivana Spagna alla lista saltafila Vanilla di Gigi D’Alessio.
La serata cover, c’è da ammettere, è sempre la più rilassante. A parte per gli interpreti originali che la subiscono. Come Miguel Bosé che riporterà in Puerta del Sol gli indignados dopo il remake di Zarrillo che ha trasformato in canzonetta da ferragosto in piazza a Fuscaldo quel capolavoro di “Se tu non torni”. Alcune cose dovrebbero essere vietate dalla legge. O forte proprio dai 10 comandamenti. Come un Sanremo senza cambi d’abito e marchetta allo stilista.
Sanremo uccide Sanremo. Se questo festival partiva già monco, senza vallette e corrispettive mises, adesso decide di immolare un altro elemento fondamentale della sua stessa essenza: i duetti. Eliminate entrambe le coppie composte da rapper semi(s)conosciuto e compagna non pervenuta. Che peccato! In gara, tra quelli a rischio, resta ciò che resta della Atzei dopo l’ammollo in Amuchina, la Ferreri e quel gran manzo di Clementino (per la felicità d’o rione) mentre le uniche due canzoni degne d’essere replicate in un karaoke di paese, cestinate senza pietà, come direbbe la Oxa riproposta da Paola Turci, raffinata e brava ma certamente non all’altezza dell’originale (perché, con tutto l’affetto, Anna è Anna).
Tornando al sacrificio dei duetti, con loro ci lascia l’elemento trash horror che poi è uno dei motivi per cui ci piace il festival, che non è un programma musicale – come vanno millantando quegli stolti che inorridiscono del format chiamando in causa canzoni, note e majors – ma è un sacro rituale al quale ogni volta partecipiamo per vomitare tutta la bile repressa in un anno ed uscirne così, 5 giorni dopo, persone migliori.
E intanto lento scorre il tempo verso la finale, quel giorno in cui si decreterà il vincitore, e il resto di Facebook, gli haters che lottano per boicottarci parlando anche loro soltanto di Sanremo, tornerà ad odiarci per questioni più serie. Tipo un referendum sulla bomba atomica o la finale di Amici.
Carla Monteforte è una socialite professionista e make-up addicted, prestata occasionalmente al giornalismo. Se non è a Cosenza, Roma o Madrid, provate al bar
Davide G.
Febbraio 10, 2017 @ 1:52 pm
Appare alquanto troppo semplice fare critiche al festival di Sanremo, ogni anno si accende il diavolo che è in noi…e via giornalisti giornalai critici musicali e replicanti vari vanno all’attacco di qualunque cosa faccia parte di questo big show. Ovvio siamo in democrazia e ogni uno è libero di dire la sua ma quando si leggono testi come il tuo il diavolo si accende e diventa incandescente in me…Se dobbiamo pensare che la musica in Italia è solo dei guru soliti noti diventa tutto troppo monotono, i tempi cambiano rapidamente e con loro anche i generi musicali e quindi è logico vedere nuovi artisti più o meno noti farsi strada tutti di certo con una storia sulle spalle e magari anni di gavetta come quei due che tu citi a inizio articolo Francesco Gabbiani e Ermal Meta dicendo esplicitamente e in modo colorito di non conoscerli…bhe ti spiego chi sono, il primo ha una lunga carriera che parte dagli inizi del 2000 quando era voce di una rock band “trikobalto” che per anni ha suonato in varie città italiane e lanciato almeno 2 album oltre ad aver aperto concerti di star internazionali e aver partecipato al mitico jammin festival di Monza in seguito lunga gavetta da solista e scrittore di testi per altri interpreti come la grande Raffaella Carrà, il secondo esce fuori da una band “la fame di Camilla ” che alcuni hanno fa dopo aver vinto svariati premi di prestigio ha venduto milioni di copie dei loro album e fatto milioni di date non solo in Italia. Lo stesso Ermal ha scritto testi di canzoni molto note e rilasciate a vari interpreti famosi. Insomma la critica si deve esserci ma prima cerchiamo di informarci bene…e poi per carità svecchiamo la musica e largo ai giovani!
By Carla Monteforte
Febbraio 10, 2017 @ 4:53 pm
Nel mio testo (che è fondato sull’ironia e il paradosso) io alla fine dico proprio il contrario. Me la prendo con chi si indigna sulla kermesse tirando in mezzo musica, majors, invitando a boicottare il festival che io, personalmente, considero un programma tv e non musicale. Ma che ognuno può guardare come meglio crede. A me interessa l’aspetto televisivo perché la musica la cerco altrove.
Prima di scrivere ovviamente mi sono informata sui due citati (tra l’altro Ermal Meta è l’interprete che mi ha colpito di più e Gabbani me lo ricordo dalla passata edizione), ma (pur essendo io una giornalista) non mi approccio a Sanremo da critica musicale, mi interessano il costume e la televisione.
Considero Sanremo un varietà nazional popolare, non l’Ypsigrock. E quando scrivo mi immedesimo nel telespettatore medio. Cazzeggio insomma. È solo un blog.
Grazie del commento
Luca Spinelli
Febbraio 2, 2018 @ 8:06 pm
Questo si che è un contenuto di valore!