Stregata dalla luna – my fucking quarantine diary part III
Notte di super luna: sono un licantropo in gabbia.
Ho voglia di ululare alla finestra come quando dopo una svernata in discoteca mi toccava la quarantena sui libri e al calar del sole come una lupa urlavo il mio dolore al cielo mentre i Kula Shaker invocavano Govinda e i condomini di via Cremona la polizia. “Per queste ce vuole ‘a camicia de forza” faceva eco il palazzo di fronte.
(Trascorsi quasi 25 anni, il mio branco ed io continuiamo a considerarlo un complimento)
Mi manca Roma. Baratterei mille di queste notti inutili per un’alba sul Gazometro nel 1998. L’esilio mi rende nostalgica o forse sono solo vecchia. Che culo: ho vinto un posto in poltronissima per la prima del mio film di cui sono unico spettatore.
Mi manca andare al cinema da sola. Appena avrò scontato il mio debito con l’universo comprerò un biglietto per un evento che non interessa a nessuno e lo sbandiererò orgogliosa all’ingresso e saprò di essere di nuovo io: un’anima in pena. Farò di queste catene che adesso mi tengono legata delle collane e sfebbrerò ballando con me stessa come quando, termometro a 39, presi due notturni per andare a vedere i Suede all’Horus Club. Entrambi adesso non esistiamo più.
Ho letto una notizia che ha riacceso la mia fiamma: in uno zoo di Hong Kong due panda giganti si sono accoppiati! Erano 10 anni che gli operatori tentavano invano e adesso, grazie alla pandemia, lontano dai guardoni, la scintilla è scoccata.
Quante letture meriterebbe questa parabola!
L’amore non va forzato, innanzitutto. La natura men che meno, dovrebbe essere ormai chiaro. Ma mentre l’immagine dei due cinesi in amore è ormai un film a reti unificate nella mia testa, prendo atto che il romanticismo è l’ultima deriva alla quale voglio essere trascinata dalla cattività e l’improvviso afflato tra i due coinquilini non mi convince più: mi pare la solita vecchia storia che quando non ci capita di meglio ci accontentiamo di ciò che abbiamo a portata di mano. L’amico di sempre, il compagno di cella o l’ultimo decente rimasto a fine festa.
Ad ogni modo, visto che la liaison ha occupato oggi parte del mio tempo da buttare, forza Ying Ying e Le Le: dateci ancora dentro, siete tutti noi!
Quanto mi piacerebbe essere sotto la console all’ora dei saldi. Farmi molestare dall’ultimo scarto rimasto sulla terra.
Dicono che quella di stanotte sia la terza super luna dell’anno, la più bella. Ho dovuto chiudere le tende per non farmi tentare. Vivo internata da un mese: sentire la vita fa bene, sentirne troppa è un frontale.
Andrebbe evitata ogni fonte di euforia. Pure la luce, come si fa dopo un intervento oculistico: s’indossano le bende e solo gradualmente si riemerge nel giorno.
Chissà come sarà tornare a vedere, mi domando mentre nelle bende c’è avvolta chi ero ed il mio corpo è il suo sarcofago.
In questi giorni la parola d’ordine è fase due: c’è chi freme. Io sono terrorizzata: ci faranno guardare il mondo ma non potremo toccarlo.
Intanto i cavalli della notte continuano la loro corsa indisturbati mentre non troppo lontano scorgo ancora il rumore di zoccoli della giumenta che ero. Non chiedetemi di calmarmi quando mi leveranno le briglie. Sono consapevole che questo pensiero contraddice quello precedente ma la luna in cielo pulsa, nonostante le tende, e mi serve far finta di credere che quando apriranno le stalle potrò tornare a galoppare libera.
O, vi supplico, fatemi abbattere.
Carla Monteforte è una socialite professionista e make-up addicted, prestata occasionalmente al giornalismo. Se non è a Cosenza, Roma o Madrid, provate al bar